Festa 4 novembre

Carlo nacque da una famiglia nobile e devota e divise i suoi primi anni di vita tra il castello di Arona, sul Lago Maggiore, e il loro palazzo a Milano. All’età di dodici anni fu ammesso agli ordini clericali minori e ricevette le rendite di una ricca abbazia nelle vicinanze, ma dimostrò la sua rettitudine destinando ai poveri solo il denaro necessario alla sua istruzione. La sua carriera universitaria fu parallela a quella di San Pietro Canisio, in quanto evitò tutte le circostanze e le amicizie che avrebbero compromesso la sua purezza di vita. Si differenziò, tuttavia, conseguendo il dottorato in diritto canonico all’Università di Pavia.


Amministratore dotato

Grazie al suo straordinario talento e alla sua serietà, Carlo si occupò di tutti gli affari di famiglia su richiesta del padre e del fratello maggiore, nonostante la giovane età. Trovò persino il tempo di ripristinare l’antica disciplina monastica nell’abbazia di cui era abate titolare. Dopo una settimana di pontificato, Pio IV lo convocò a Roma. Seguirono presto promozioni e responsabilità che lo portarono alla nomina a Segretario di Stato Pontificio e Arcivescovo di Milano, anche se non gli fu permesso di risiedere a Milano durante la vita dello zio.

Immagine: San Carlo Borromeo che aiuta i poveri

La sua scrupolosità, la sua modestia e il suo zelo per il lavoro ebbero l’effetto di oscurare la sua capacità di giudizio superiore nel gestire gli affari sia della Chiesa che dello Stato, soprattutto quando rifiutò di arricchirsi alla maniera dei prelati dell’epoca rinascimentale. Praticamente tutta la corrispondenza diplomatica passava per le sue mani, tanto che gli storici non riescono a stabilire quali istruzioni provenissero dal Papa e quali dal suo giovane amministratore. William T. Walsh ritiene che la riforma della Chiesa durante il pontificato di Pio IV sia stata realizzata principalmente grazie agli sforzi del nipote, il cui corpo è tuttora incorrotto.

Nonostante la rettitudine della sua vita e la devozione abnegata agli affari della Chiesa, Carlo non praticò le severe austerità e l’abnegazione degli ultimi anni. Era eccezionalmente appassionato di caccia e prestava molta attenzione alla magnificenza della sua casa, che consisteva in 150 servitori. Anche il miglioramento delle condizioni della sua famiglia occupava gran parte della sua attenzione. Suo fratello aveva sposato la figlia del duca di Urbina, membro dell’illustre famiglia della Rovere, e le sue sorelle si erano sposate con i Gonzaga e i Colonna. Poi, con l’ascesa della famiglia ai vertici dei Farnese e dei Medici, il fratello morì dopo una breve malattia all’età di ventisette anni.

Pur essendo cardinale e amministratore della sede diocesana vacante di Milano, segretario di Stato pontificio e responsabile del governo degli Stati pontifici, nonché supervisore dei Francescani, dei Carmelitani e dell’Ordine di Malta, Carlo era ancora solo un subalterno. -All’epoca era diacono, il che tuttavia impediva il matrimonio. Molti dei suoi parenti più mondani pensavano che avrebbe certamente chiesto una dispensa e cercato fama e fortuna per mantenere la posizione della sua famiglia. Ma la morte improvvisa del fratello gli aprì gli occhi sulla vanità di tali ambizioni e Carlo decise invece di abbracciare pienamente il suo stato ecclesiastico.


Diventare vescovo

Fu ordinato sacerdote il 4 settembre 1563 e consacrato vescovo il 7 dicembre dello stesso anno. Adottò una vita severa e ascetica di preghiera e digiuno dopo aver fatto gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, ormai deciso ad adempiere ai doveri del suo ufficio ecclesiastico con dignità e senza riserve.

Papa Pio IV aveva riaperto il terzo e ultimo periodo del Concilio di Trento all’inizio del 1562 contro la forte opposizione di numerosi prelati che vedevano ridursi i loro ingiustificati privilegi e redditi e di molti sovrani che vedevano ridursi la loro autorità sugli affari della Chiesa. Tuttavia, la barca di San Pietro superò tutti gli ostacoli per portare il Concilio a una conclusione positiva due anni dopo.

Trattenuto a Roma dal Papa e dai pesanti doveri che gli derivavano dai lavori del Concilio, Carlo governò la sua diocesi con rappresentanti personali attraverso i quali convocò un sinodo diocesano per la promulgazione dei decreti del Concilio. Iniziò la tanto necessaria riforma del clero compiendo prima in se stesso tutto ciò che era richiesto, predicando così con l’esempio.


Riforma del clero

I diffusi abusi clericali richiedevano un trattamento abile e discreto. La disciplina ecclesiastica e l’educazione della gioventù occupavano un posto di rilievo nei suoi pensieri, ma la sua sollecitudine pastorale abbracciava tutti i dettagli di un’opera monumentale: la repressione dei sacerdoti avari, la fondazione e la dotazione di seminari per la corretta formazione del clero, il cerimoniale liturgico e la musica ecclesiastica, il modo di predicare, il rinnovo della stretta osservanza della regola nei conventi, ecc. Quest’ultimo gli procurò l’ira e il dispiacere di alcuni suoi parenti, due zie domenicane, sorelle di Papa Pio IV.

Nonostante l’opposizione e le difficoltà, Carlo perseverò, senza risparmiare nulla. Lo zelo apostolico e la carità con cui riformò la sua stessa casa diedero i loro frutti nel notevole numero di membri che divennero vescovi e prelati illustri. Le austerità che praticò tra le incredibili fatiche della sua vita apostolica sembrano quasi eccessive.

Devastata da attacchi incessanti da ogni parte, la Chiesa superò la feroce tempesta della pseudo-Riforma. Dal seno della Chiesa Dio chiamò allora grandi santi, che si unirono in sua difesa come leoni infuocati, anime di grandezza, ardenti di amore per Dio e di zelo per le anime. La Chiesa e la Fede sotto attacco produssero una santità senza pari. Tra questi grandi santi del XVI secolo c’è San Carlo Borromeo.


Gli ultimi anni

Fisicamente esausto per il peso schiacciante dei suoi numerosi doveri e responsabilità, sembrava sapere che la morte era vicina, eppure era deciso a lavorare finché gli fossero rimaste forze. Verso la fine del 1584, la sua salute subì una svolta definitiva. In ottobre iniziò il suo ritiro annuale e iniziò la sua preparazione alla morte con una confessione generale. Afflitto da ricorrenti episodi di febbre alta, continua: visite, corrispondenza, consultazioni. Infaticabile fino alla fine, la sua anima ardente consuma il suo fragile corpo.

Muore a Milano il 3 novembre 1584 all’età di quarantasei anni. Fu canonizzato nel 1610 da Papa Paolo V.